Il modello a spirale: educazione infinita
Applicare il modello degli adulti ai bambini, significa far vivere loro un’infanzia molto strutturata e zeppa, in cui è quasi assente lo spazio per essere e sentire. Liberare gli spazi vuol dire affidarsi all’infinito e al cuore. Quando non ci affidiamo, nasce in noi il bisogno di riempire ogni secondo della nostra esistenza. La libertà è alla base della nostra essenza, la desideriamo profondamente, è impressa nel nostro DNA.
Ogni incontro tra allievi e insegnanti può essere considerato un punto di partenza da cui si può dipanare una spirale, da cui può partire un viaggio. La lezione può essere considerata come un contenitore, ma agendo col proprio sentire avviene qualcosa che va al di là del contenitore. Ecco perché certi libri si leggono e si rileggono, perché arrivati ad alcune conclusioni, si scopre che ce ne sono altre ed altre ancora, ed il viaggio sembra senza fine.
“Non c’è niente in una crisalide che ti dice che diventerà una farfalla.” Richard Buckminster Fuller
L’insegnamento è co- creazione nel qui ed ora. E’ come se nascessero delle nuove cose da ciò che hai sul banco degli attrezzi e ciò che viene proposto: sai che gli attrezzi che hai a disposizione possono essere usati per costruire, ma ancora non sai quali sono tutte le costruzioni che ci puoi realizzare. Il diverso uso di questi strumenti fa si che possa delinearsi meglio la realizzazione di quello che viene chiesto, che parte dalla possibilità di spaziare senza porsi limiti, sviluppando i propri desideri come la piattaforma da dove parte ogni costruzione che si delinea via via, per collegarsi ad altre situazioni che sono sulla stessa frequenza.
E’bello che non ci sia qualcosa di precostituito, perché è tutto così fresco e nuovo, che suscita e stimola la curiosità di intraprendere l’azione. Qualcosa di cui ancora non sanno né l’insegnante, né l’alunno, un gioco di creazione in cui c’è la possibilità di disegnare ciò che è affine e aderente al proprio sentire: è questa la grande forza e novità. Sia per chi è dalla parte dell’insegnamento, sia per chi è dall’altra parte, è come se esistesse uno spazio di infinite possibilità che rispecchia un sentire ampio e illimitato.
L’alunno non è un vero e proprio alunno, nel senso che comunque sa le cose e l’insegnante è colui che aiuta a ricordare alcune cose, ma poi è l’alunno che apporta il vero insegnamento che è costituito dalla novità, dal desiderio e dalla curiosità. Via via saranno quelli ancora più giovani che apporteranno sempre qualcosa di nuovo. Le persone che sono arrivate prima costruiscono la base, mentre l’ultimo che arriva va in cima a questa costruzione, non in senso gerarchico, ma perché la persona che arriva per ultima ha la novità più fresca, l’ultimo aggiornamento.
Le linee guida sono a spirale. C’è un punto di partenza, che è l’incontro con se stessi, e poi l’incontro con gli altri da cui si espande la propria spirale. Linee che si espandono, ampliandosi via via, come se toccassero tutte le parti di questo vasto universo, come se spaziassero e avessero sempre ben chiara la percezione dell’immensità in cui sono. Ecco perché le risorse sono illimitate e siamo esseri eterni. Questo movimento ricorda questa eternità e subito pone l’individuo nella sensazione che tutto è possibile.
L’insegnante, avendo una conoscenza e un’esperienza approfondita della sua materia, può permettersi di spaziare quanto vuole, andando incontro di volta in volta alle esigenze specifiche dei ragazzi. Come un programma a spirale, dove di volta in volta si espandono i punti specifici di un’onda che porta, conseguentemente, alla nascita della successiva.
Non ci sono degli obiettivi da raggiungere in termini di linea retta, ma di spirale, ovvero espandere il più possibile il programma e toccare più punti possibili di connessione con altre materie, così da avere più spirali che si incontrano, anziché linee parallele distanti e non comunicanti. Ciò permette di comprendere meglio l’intima natura dell’universo, che è unità e connessione, come ci rivelano le più recenti scoperte di fisica quantistica.
Questo modello allenta molto competitività e stress, dovuti al raggiungimento di certi obiettivi del programma in determinati tempi, o di un certo punteggio in una data materia. Non ci sono punti di conclusione perché la parola fine non fa parte di questo universo, pertanto nel modello a spirale non ci sono punti di arrivo come nel modello lineare perché, per sua natura, la spirale è infinita e possiamo godere della sua perenne espansione.
Il modello a spirale è fondato sul desiderio, perché la spirale è azionata dal desiderio-interesse. Il modello lineare prevede una conclusione alla conoscenza e, tale conclusione, di solito corrisponde a una verifica per misurarne il tracciato percorso. Nel modello a spirale questo non avviene, perché il processo di conoscenza e apprendimento è insito nella spirale stessa: non è possibile passare all’onda successiva, senza aver compreso quella precedente. Questo passaggio presuppone che l’onda precedente sia stata compresa ed esperita, altrimenti non potrebbe aprire la strada alla successiva, altrimenti si genera un’interruzione nel senso che momentaneamente ci si ferma, perché si è causata una disarmonia nel proprio modo di pensare e sentire la vita. Questa crisi momentanea può essere di estremo valore per il processo evolutivo, perché l’allievo scopre che quei momenti preparano la strada a una comprensione ancora maggiore.
Il programma può essere un po’ strutturato per dare qualche suggerimento su cui si possono agganciare, come su un ventaglio, tante piccole stecche per allargarlo, producendo un movimento di espansione. Se il programma fosse rigido, pur fornito di tanti strumenti, è come se questo ventaglio avesse già una forma predefinita dall’inizio alla fine, come viaggiare su delle stecche già consolidate e fermate in maniera ferrea.
Attingiamo a qualcosa di più di una mente razionale, ad un sapere che è conoscenza, perciò è importante riservare a questo buona parte dell’insegnamento. Più l’insegnante è in collegamento e esprime questa parte, più favorisce l’incontro degli altri con essa. La parte razionale sembra dare sicurezza, ma quello che dà l’incontro con la parte interiore è qualcosa di ancora più prezioso. Con la sola parte razionale, l’insegnante è come se vivesse l’incontro camminando su una strada; attingendo alla parte interiore, è come se proseguisse nella stessa direzione, ma anziché sulla strada, nel torrente di fianco, sentendone la leggerezza, la purezza e il fragore.
Il programma può essere letteralmente infinito, dato che siamo infiniti, e si crea a partire dagli interessi del bambino. Guardando questo panorama sconfinato, qualcuno vorrà arrivare là, qualcun’altro da tutt’altra parte: l’importante è sentirsi nel tutto. Solo in un secondo momento poggio la mente su questa emozione, perché sento che è la mia verità. Non il contrario, che parte prima dal pensiero della struttura, per poi creare il resto. Questo modo di creare più cognitivo, magari può dare delle apparenti certezze perché fa tornare tutto: ho studiato ogni dettaglio a tavolino e so esattamente dove appoggiare ogni passo.
Ma la grande avventura sta nel cuore e nella fiducia che gli ripongo, nella verità che gli riconosco e nelle emozioni che mi guidano. Questo è un punto di forza straordinario, perché mi baso su quello che sento, non su quello che ritengo migliore. Se diamo subito la possibilità al cuore di espandersi, allora sentiamo che fin da subito la vita ci dà infinite possibilità e, automaticamente, libertà e potere decisionale ci aiuteranno a cogliere quello che desideriamo.